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Vuoi cantare da professionista? Ti svelo il mio segreto

Il mio debutto nel magico mondo dell’opera lirica è avvenuto nel ruolo di Eboli, personaggio del “Don Carlo” di Giuseppe Verdi in qualità di vincitrice del Concorso del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto “A.Belli”.

Non avevo ancora compiuto 22 anni…

Come si fa ad interpretare Verdi a quell’età? Non c’è lo spessore vocale, non c’è l’esperienza musicale e, forse la cosa più importante, non c’è ancora l’esperienza di vita che possa far comprendere le sfaccettature di un personaggio verdiano di quella profondità.

Avevamo dei preparatori eccezionali: un direttore d’orchestra, un regista, una insegnante di dizione, un maestro di movimento scenico, tutti grandi professionisti che cercavano di tirare fuori dalla nostra giovane età gli atteggiamenti, gli sguardi, gli accenti musicali, che potessero rendere credibile la nostra rappresentazione.

I ruoli dell’opera per chi non li conoscesse (tratta dal dramma di Schiller e ispirata a personaggi storici) sono: Filippo II re di Spagna, basso; Don Carlo, Infante di Spagna, tenore; Rodrigo, Marchese di Posa, baritono, Il Grande Inquisitore, basso; Elisabetta di Valois, sposa di Filippo II, soprano; la Principessa d’Eboli, mezzosoprano…

Re, regine, principesse, marchesi, inquisitori, cosa potevamo sapere noi, ragazzini appena usciti dal conservatorio dei complotti di stato, delle passioni straripanti di odio, amore, tradimento, e dell’intensità espressiva che richiedevano quelle arie, nelle quali Verdi aveva sapientemente espresso tutto quel mondo? Nulla! E per non contraddirci prima di una prova di regia ci mettemmo fanciullescamente a cantare e ballare per stemperare la tensione delle prove.

Il regista che ci trovò deconcentrati e divertiti per questa innocente festicciola improvvisata, ci fece una delle più grandi sfuriate che abbia mai subìto… e fece bene! Ci rimproverò di non prendere seriamente le prove, di pensare di potercela cavare con il nostro talento, mentre dovevamo mettercela tutta e anche di più per riuscire a rendere almeno vagamente credibili dei personaggi di uno spessore umano per noi inavvicinabile a quel tempo.

Mi sono svegliata.

Ciò che mi ha salvata da quel momento in poi è stata la “presenza”.

Si, la presenza, quella intensissima concentrazione mentale che da quel momento in poi mi venne spontaneo ricercare dietro le quinte, in quel magico e terribile momento in cui stai per entrare, la musica va e tu non avrai appelli, devi entrare e convincere, cantare bene, recitare bene, non andare fuori tempo, non steccare gli acuti… Cosa mai può far dominare i pensieri e l’emotività che si scatenano in quei momenti, se non una intensissima capacità di concentrazione?